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Tutti sanno che mangiare carne di maiale è Haram, e quasi tutti hanno sentito parlare, almeno una volta nella vita, di macellazione Halal. Quello che non tutti conoscono è la netta distinzione tra Halal e Haram rispetto a quello che viene prima della macellazione, e quindi molto prima che la carne arrivi in tavola.

Stiamo parlando innanzitutto degli allevamenti, ovvero degli stabilimenti e delle condizioni di vita degli animali destinati alla macellazione. È triste dover constatare la crescita costante di questo sistema spesso atroce e disumano: secondo una stima di Compassion in World Farming (CIWF), il numero degli allevamenti intensivi aumenta sei volte più di quelli tradizionali misti.

Oggi, alleviamo e macelliamo oltre 70 miliardi di animali all’anno. Circa i due terzi di questi animali sono allevati in sistemi intensivi.

Cosa sono e come funzionano gli allevamenti intensivi?

Si ha un allevamento intensivo ogni qualvolta gli animali non sono trattati come tali, con il rispetto che meritano, ma sono trattati come macchine produttive, ignorando i loro bisogni di spazio e di un’alimentazione che non sia per loro tossica.

Sempre secondo CIWF, che da sempre si pone in prima linea nella lotta contro gli allevamenti intensivi, questi ultimi spezzano il legame fra la terra e gli animali: tolgono infatti gli animali dal pascolo e li ammassano invece in capannoni e recinti fangosi. Appare subito evidente, dunque, come l’allevamento intensivo sia la più grande causa di maltrattamento animale sul pianeta.

Come se ciò non bastasse, gli animali allevati industrialmente vengono nutriti con alimenti commestibili come cereali, soia o pesce che potrebbero nutrire invece gli esseri umani: un terzo della raccolta mondiale di cereali viene utilizzato per alimentare il bestiame industriale, mentre se fosse utilizzato direttamente per il consumo umano sfamerebbe circa 3 miliardi di persone. Quasi metà della popolazione mondiale!

Gli allevamenti intensivi, inoltre, sono notoriamente covi di malattie: per evitare che queste si diffondano si ricorre agli antibiotici, che però, di conseguenza, non assume solo l’animale, ma anche l’essere umano nel momento in cui lo consuma.

Ultimo punto, ma non per importanza, è la questione dell’impatto degli allevamenti intensivi sul surriscaldamento globale. Secondo una stima della Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), ancora di più del settore dei trasporti, che costituisce il 13.5% delle emissioni, incidono gli allevamenti intensivi (18%). Il motivo sono i prodotti di scarto di un alto numero di animali (feci ed emissioni di gas) in zone relativamente ristrette. Questi causano inquinamento delle falde acquifere, contaminazione dell’acqua e dell’aria, con eccesso di nitrati e fosfati. Al tempo stesso i terreni utilizzati riducono la biodiversità e la capacità di assorbimento di anidride carbonica.

Chi conosce questi dati non può che chiedersi perché questi allevamenti non siano ancora illegali ovunque e cosa spinga l’uomo a tenerli aperti nonostante tutte le conseguenze negative che comportano.

Perché nessuno chiude gli allevamenti intensivi?

La prima motivazione è in realtà abbastanza intuitiva: costano meno! Richiedono infatti meno costi rispetto all’allevamento estensivo, garantendo un prodotto finale più economico. La differenza economica è in realtà notevole: l’allevamento intensivo costa fino al 20%-30% in meno rispetto a quello estensivo. A quale prezzo, tuttavia, l’abbiamo già visto.

In teoria, poi, negli allevamenti intensivi ci sarebbe un maggior controllo dell’animale: l’ambiente circoscritto permette infatti di curare tempestivamente le eventuali malattie. Che però, come detto, si generano in continuazione a causa delle condizioni di questi allevamenti.

L’alternativa: l’allevamento Halal!

Gli allevamenti intensivi comportano una dose non trascurabile di violenza e negli ultimi anni, mentre numerose persone hanno scelto di seguire una dieta vegetariana o addirittura vegana per i più svariati motivi, altre hanno semplicemente scelto un consumo di carne più consapevole, scegliendo di acquistare solo carne di qualità e con la certezza che agli animali sia perlomeno stata garantita una vita nonché una morte dignitosa.

In questa scelta gli allevamenti Halal giocano un ruolo fondamentale: questi sono infatti etici, organici e sicuri. Al primo posto viene messa la salute e la felicità dell’animale, a cui sono garantiti spazi adeguati per vivere e un nutrimento che non sia tossico né per lui né, in seguito, per l’uomo.

Al momento della macellazione, infine, gli animali non vedono il destino dei loro compagni, e vengono sgozzati in un colpo solo, così che non soffrano e muoiano nel giro di pochi secondi, con il capo rivolto verso La Mecca. Prima dell’uccisione viene pronunciato il nome di Iddio, a ricordare l’esistenza di una realtà spirituale dietro il mero mondo materiale in cui viviamo, e a legittimare l’atto di macellazione per rendere la carne lecita al nutrimento.

In conclusione, se il consumo di carne implica necessariamente la presenza di allevamenti e di macellazione, appare evidente come l’unica alternativa etica e integra che possa garantire una vita nonché una morte dignitosa agli animali sia proprio quella del Halal.

Fonti:

The Guardian

CIWF Italia

Essere animali

Accademia Macelleria Italiana

Mvuslim

Camera Arbitrale Milano